MESSAGGERO 8/12/2004
TROPPI MODELLI IGNORANTI IN TV
di MASSIMO CAPACCIOLI
di MASSIMO CAPACCIOLI
LA SCUOLA italiana è stata nuovamente bocciata, e con una votazione ancora più
bassa di quella del 2000. A dirlo sono i risultati pubblicati dal Program for
International Student Assessment (PISA) 2003, un centro di ricerca statunitense
che ogni tre anni valuta comparativamente le prestazioni nella lettura, nella
matematica e nelle scienze della natura di studenti di 15-16 anni di diverse
nazioni del mondo. A dirlo sono anche le esperienze che i docenti universitari
fanno anno dopo anno, accogliendo nuove matricole che sanno sempre meno e sempre
più si mostrano spaesate di fronte agli scogli dello studio e della vita. E'
evidente che il problema non è genetico: i giovani di oggi non sono diversi,
per intelligenza e, credo, potenzialmente per ambizione, rispetto a quelli di
ieri o di ieri l'altro. Semmai, sono migliori. Il male non è nemmeno
interamente nell'organizzazione scolastica, nelle troppe riforme che
disorientano, nell'eccessivo ricorso al “fai da te” o negli insegnanti, che
tra l'altro sono umiliati da un trattamento economico ai limiti dell'indigenza e
da una progressiva perdita di ruolo sociale.
Il male è prima di tutto nel sistema, che non indirizza le energie positive
della gioventù, ne smorza gli ideali e ottunde le menti con molta immondizia e
con la cultura delle certezze e la negazione del dubbio: giusto l'opposto di
quel che serve ad educare alla democrazia. Quali sono gli stimoli per un giovane
oggi nel nostro Bel Paese? Prendiamo ad esempio quelli che gli vengono dalla
televisione. Il primo messaggio è che, diversamente dal popolare adagio,
l'abito fa il monaco e, cosa più grave, procurarsi quell’abito è un fine che
giustifica largamente i mezzi. La ricerca di apparenza, dal vestiario agli
accessori fino all'incredibile dilagante frenesia per la chirurgia plastica, una
volta riservata ai vecchi e agli infermi, risucchia mente ed energie dei
giovani, omologa le diversità, sottrae tempo e voglia alle attività
dell'intelletto e persino a quelle classiche attività fisiche che parlavano di
mente sana in corpo sano. Oggi si va sì in palestra, ma per essere belli, per
somigliare tutti a delle “veline”.
Ma la tv ci parla anche di scienza, dirà qualcuno. E' vero. Tuttavia, al di là
di alcuni programmi di grande qualità, per lo più relegati in orari
impossibili, quando anche i giovani più nottambuli sono ormai a letto mi
riferisco, per esempio, a Rai Educational, ma non solo , il più delle volte la
ricerca viene presentata in modo sensazionalistico, privilegiando lo spettacolo
all'informazione e inducendo a credere che la scienza sia l'arte di pochi
eletti, non una delle professioni del mondo di oggi, tanto bella per l'individuo
quanto utile per la collettività. Ma ancor più grave è l'abuso fatto alla
conoscenza, offerta come un prodotto finito invece di come effettivamente è: un
processo in divenire, dove ciò che più conta non è la risposta ma la capacità
di porre una domanda nuova. Perché un giovane dovrebbe studiare la matematica o
la fisica se queste materie sono riservate ai geni, se riguardano questioni
astruse e del tutto avulse dal quotidiano, se instradano su carriere difficili e
mal pagate, e se non portano da nessuna parte visto che ormai le risposte le
conosciamo?
In questi tempi di grandi incertezze, in un Paese dove tutti accusano tutti e
dove gli ideali sono fuori moda, in un mondo in guerra appeso a strani fili come
la borsa o il petrolio o il terrorismo di gente a sua volta terrorizzata, senza
guida il giovane è certamente più orientato verso pragmatiche scelte di
certezze economiche e di benessere, anche a spese di una vita grigia. Non la
gloria, ma la più modesta soddisfazione di poter acquistare l'ultimo modello di
cellulare con qualche gadget incorporato, senza peraltro avere la più pallida
idea di come e perché funzioni. I nostri giovani non leggono? Non sanno di
matematica e di scienze, e si smarriscono davanti ai problemi? Non è colpa
loro, o soltanto loro. E' responsabilità nostra indirizzarli verso un bello
che, come dicevano i Greci, sia anche buono: buono per loro e per i loro figli,
e non per pochi che governano il mondo oggi. Come fare? Non so, ma credo che
dovremmo cercare di scoprirlo, prima di dover gettare la spugna e condannare il
Bel Paese a zoo turistico per chi ha invece saputo interpretare correttamente il
progresso